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Costicanto

Costicanto

Convinto che Hitler fosse sul punto di vincere la guerra contro la Francia e che l’Inghilterra, una volta rimasta sola, avrebbe subito firmato la pace con la Germania, il 10 giugno 1940, Mussolini, per potersi poi sedere – disse – con i vincitori al prezzo di solo “qualche migliaio di morti”, dichiarò guerra a Francia e Inghilterra, avviando così una propria “guerra parallela”, che, anziché alla vittoria, condusse lui alla fucilazione e l’Italia alla distruzione.

A sostituire Mussolini, costretto a dimettersi e arrestato il 25 luglio 1943, il re Vittorio Emanuele III chiamò il maresciallo Pietro Badoglio, che da un lato confermò l’impegno militare italiano a fianco dei tedeschi e dall’altro avviò trattative segrete con gli anglo-americani, che il 10 luglio erano sbarcati con due armate in Sicilia e che il 3 settembre concessero l’armistizio di Cassìbile, reso noto dal generale Eisenhower la sera dell’8 settembre.

Quella sera stessa, i tedeschi, che intanto avevano fatto affluire in Italia una ventina di divisioni per aiutarla a difendersi dagli invasori anglo-americani, passarono subito a occuparla e depredarla in maniera sistematica come traditrice, secondo le direttive del Piano Asse, che Hitler, prevedendo che l’Italia, sconfitta in Russia e in Africa, sarebbe uscita dalla guerra, aveva fatto predisporre fin dal mese di maggio

L’indomani, prima dell’alba, per sottrarsi alla cattura tedesca, mentre gli anglo-americani sbarcavano a Salerno e a Taranto, il governo Badoglio, il re Vittorio Emanuele III, il principe ereditario Umberto e la famiglia reale fuggivano in auto da Roma verso Pescara, imbarcandosi a Ortona, donde giunsero a Brindisi, sotto la protezione militare e il controllo politico degli anglo-americani

Quello stesso 9 settembre, a Roma, mentre il re e il governo fuggivano, e militari e civili combattevano a Porta San Paolo per impedire ai tedeschi di entrare in città, si costituiva il Comitato di Liberazione Nazionale, CLN, che chiamava gli italiani alla resistenza e alla guerra di liberazione.

Tre giorni dopo, il 12 settembre, Mussolini, allora custodito in un albergo di Campo Imperatore, in Abruzzo, fu prelevato senza colpo ferire da paracadutisti tedeschi e portato in aereo in Germania, per incontrarsi con Hitler. Poi, tornato in Italia, il 23 settembre proclamò la Repubblica Sociale Italiana, con sede a Salò, sul lago di Garda, cedendo ai suoi patroni e padroni tedeschi il litorale adriatico orientale e la regione del Trentino, che essi organizzarono in zone di operazioni militari, adriatica e prealpina, in attesa di essere riannesse al Reich tedesco, una volta vinta la guerra.

Così ora, con la “guerra grossa” tra esercito tedesco occupatore ed esercito anglo-americano liberatore venne a intrecciarsi una terribile guerra civile e di liberazione tra italiani fascisti, rimasti fedeli al loro duce e ai tedeschi, e italiani antifascisti, rimasti fedeli al re o che, fedeli alla patria, non volevano più saperne né del duce né del re, che per venti anni aveva consentito le violenze anticostituzionali del fascismo

In effetti, dopo che, il 13 ottobre 1943, il governo Badoglio ebbe dichiarato guerra alla Germania, sì che l’Italia diveniva cobelligerante degli anglo-americani, i tedeschi, sconfitti a Salerno, dopo aver commesso ogni sorta di rapine e di violenze nell’Italia meridionale, si ritirarono e si fortificarono lungo la «linea Gustav», che tagliava trasversalmente la penisola italiana dalla foce del Garigliano, sul Tirreno, al porto di Ortona, sull’Adriatico, passando per il forte caposaldo di Cassino, che, controllando la Via Casilina, sbarrava l’unica via per cui un grande esercito proveniente da Sud potesse giungere rapidamente a Roma e in Italia centrale

Pertanto, mentre a nord della «linea Gustav», cioè nell’Italia centro-settentrionale, compresa Roma, rivendicata dal governo di Salò e occupata dai tedeschi, si combatteva la guerra partigiana e infieriva la repressione nazifascista, che fu orribile, il 24 marzo 1944, alle Fosse Ardeatine, a sud di quella linea, invece, cioè nell’Italia meridionale, veniva riaffermandosi, con il consenso degli anglo-americani, l’autorità del governo regio, che con la «svolta di Salerno» del 22 aprile 1944 si apriva alla partecipazione di rappresentanti dei partiti del CLN, mentre il re s’impegnava a passare i propri poteri al figlio Umberto, nominandolo proprio Luogotenente, non appena Roma fosse stata liberata dai tedeschi occupatori.

La «linea Gustav» cedette il 18 maggio 1944. Quattro giorni dopo, gli anglo-americani, da Anzio, dove erano sbarcati il 22 gennaio, iniziarono ad avanzare, combattendo, verso Roma, dove entrarono, accolti festosamente dalla popolazione, il 4 giugno, mentre i tedeschi si ritiravano precipitosamente verso nord, per andare infine ad attestarsi sulla «linea gotica», che da Forte dei Marmi, sul Tirreno, attraversando gli Appennini, giungeva a Rimini, sull’Adriatico

Iniziava, così, per l’Italia centro-settentrionale una terribile “estate di sangue”, orribilmente segnata dalle stragi compiute dai tedeschi sulla popolazione civile, per isolare e affamare i partigiani, come il 12 agosto, a Sant’Anna di Stazzema in Toscana e il 29 settembre a Marzabotto in Emilia-Romagna

Quindi, dopo un secondo, terribile, freddissimo inverno di guerra, il 9 aprile 1945 gli anglo-americani, puntando su Bologna e Ferrara, ripresero in forze l’attacco contro ciò che restava della “linea gotica”, che il 18 aprile crollò, spingendo i tedeschi a cercare una via di fuga oltre il Po, mentre l’Italia settentrionale ordinatamente e compattamente insorgeva secondo i piani predisposti dal CLNAI, giungendo il 28 aprile alla fucilazione di Mussolini e il 29 alla resa dei tedeschi operanti in Italia.

Tredici mesi dopo, terminata la guerra e recuperata la sovranità su quasi tutto il territorio nazionale, il 2 e il 3 giugno 1946, domenica e lunedì, tutti i cittadini italiani, uomini e per la prima volta anche donne, che avevano compiuto 21 anni, furono chiamati a votare per il referendum istituzionale, scegliendo tra monarchia o repubblica, e ad eleggere i propri rappresentanti all’Assemblea costituente, che avrebbe elaborato la Costituzione del nuovo Stato italiano

Votarono l’89% dei 28 milioni di aventi diritto e la repubblica ottenne il 54,26% dei voti validi, sì che la monarchia risultò sconfitta per quasi due milioni di voti. 

Poiché il luogotenente Umberto di Savoia, che nel frattempo, venendo meno ai patti, aveva assunto il titolo di re, Umberto II, il “re di maggio”, rinviava l’accettazione pubblica di quei risultati, dichiarato senz’altro decaduto dal Consiglio dei ministri, allora presieduto da Alcide De Gasperi, che nella notte sul 13 giugno assunse provvisoriamente le funzioni di Capo dello Stato, come prevedeva la seconda Costituzione provvisoria del 16 marzo 1946, alle ore 16 del 13 giugno se ne partì con la famiglia in aereo da Ciampino per il Portogallo, come aveva fatto il suo trisnonno Carlo Alberto, nel 1849.

Eletta con il sistema proporzionale con liste di candidati concorrenti, l’Assemblea Costituente era composta di 556 deputati, tra cui ventuno donne; Teresa Mattei, comunista, venticinquenne da soli quattro mesi, era la più giovane di tutti, mentre Vittorio Emanuele Orlando, liberale, era il più anziano. 
Sede della Costituente fu il palazzo di Montecitorio, oggi sede della Camera dei deputati

Poiché il governo era presieduto dal trentino Alcide De Gasperi, democristiano, nella sua prima seduta, il 25 giugno 1946, la Costituente elesse presidente il torinese Giuseppe Saragat, socialista, poi sostituito dal genovese Umberto Terracini, comunista, e il 28 giugno elesse capo provvisorio dello Stato il napoletano Enrico De Nicola, liberale e monarchico. 

La diversità di provenienza geografica e di appartenenza e orientamento politico e istituzionale delle persone elette ai vertici delle istituzioni repubblicane esprimeva la comune intenzione di coinvolgere il più possibile tutti i partiti e tutte le regioni nell’opera di rifondazione e ricostruzione civile intrapresa. 

Il 15 luglio 1946, poi, la Costituente costituì al proprio interno la Commissione per la Costituzione, detta dei Settantacinque dal numero dei suoi membri, presieduta dal giurista reggiano Meuccio Ruini, demolavorista eletto con i liberali, con il compito di preparare il progetto di costituzione

Il 6 febbraio 1947, la Commissione presentò il Progetto alla Costituente, che lo discusse e votò parte per parte, titolo per titolo, articolo per articolo, comma per comma, quasi parola per parola, emendamento per emendamento. 

Poi, nella seduta pomeridiana del 22 dicembre 1947, ricevuto dal presidente della Commissione, Meuccio Ruini, il testo definitivo della Costituzione della Repubblica Italiana, il presidente della Costituente, Umberto Terracini, indisse la votazione a scrutinio segreto, dalla quale, presenti e votanti 515 deputati, il testo risultò approvato con 453 Sì (87,96%) contro 62 No (12,03%)

Subito dopo, una delegazione dell’Assemblea Costituente si recò a Palazzo Giustiniani, dove risiedeva il Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, il quale, il 27 dicembre 1947, firmò e promulgò la Costituzione della Repubblica Italiana, che, firmata anche da Umberto Terracini e da Alcide De Gasperi, rispettivamente presidente dell'Assemblea Costituente e del Consiglio dei Ministri, e vistata dal ministro di grazia e giustizia, Giuseppe Grassi, liberale, entrò in vigore il 1° gennaio 1948

Sintesi alta delle principali correnti del pensiero politico italiano di quel momento storico – il pensiero liberale attento ai valori dell’uomo come individuo; il pensiero cattolico attento ai valori dell’uomo come persona; il pensiero social-comunista attento ai valori dell’uomo come lavoratore – tutte unite dal comune ricordo delle sofferenze patite e dal rifiuto del fascismo e della sua violenza classista e imperialista, che le aveva imposte e provocate, e tutte concordi nel riconoscere la dignità della persona umana, così frequentemente e orribilmente violata dalle persecuzioni razziali durante la guerra, che il fascismo aveva imposto ad altri popoli e che altri popoli avevano poi riportato in Italia con bombardamenti aerei anglo-americani e occupazione militare tedesca, la Costituzione della Repubblica Italiana mostra il suo aspetto veramente rivoluzionario nell’articolo 2. 

L'articolo 2, infatti, rovesciando la teoria dei «diritti riflessi», introdotta in Italia dal fascismo, che nega la priorità dei diritti umani sul potere politico, riafferma la preesistenza dei diritti umani al potere politico, che ora si limita a riconoscerli e si impegna a garantirli, statuendo: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.» 

Affinché, poi, questi diritti inviolabili o bisogni fondamentali delle persone non restino soltanto una solenne dichiarazione di principio, lettera morta e vuota promessa, il secondo comma dell’articolo 3 impegna la Repubblica, in tutte le sue articolazioni e istituzioni, centrali e periferiche, a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»

Costicanto, cioè canto della Costituzione, ne sintetizza e presenta i Principi fondamentali, cioè i primi dodici articoli, in cui, riprendendo la volontà e la sete di libertà e di giustizia sociale che aveva spinto tanti uomini e tante donne a impegnarsi e morire nella Resistenza e nella guerra di liberazione dal nazifascismo, la Repubblica «riconosce, garantisce e promuove» a tutti quei diritti umani inviolabili, che il fascismo monarchico aveva nuovamente ridotto a semplici concessioni del potere politico.

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Carlo Corsetti

Chi è il professore Carlo Corsetti

Carlo Corsetti

Sono nato, nel 1946, a Velletri, in una modesta famiglia contadina e ho frequentato la scuola elementare in una pluriclasse di campagna e la scuola media in paese. 

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In collaborazione con:
Roberto Pivotto e Emiliano Viola
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